Congiuntivo imperfetto

Claes7

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Sto leggendo ”Christo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi. L’Italiano è certamente a un livello più avanzato di quello che ho incontrato prima, forse un po’ troppo difficile se sono onesto, ma mi aiuta a crescere il mio vocabolario e il racconto in se stesso mi fa tanto piacere.

Però, c’è una cosa che mi rende perplesso; il suo uso di congiuntivo imperfetto in certi casi. Un paio di esempi:

Era quello l'unico luogo, nello spazio consentito, dove non ci fossero case, e qualche albero variasse la geometria dei tuguri.

A Gagliano c'erano tre botteghe di barbiere, e questa dell'americano, in alto, vicino alla chiesa, sotto alla casa della vedova, era la sola che fosse sempre aperta, quella dove si rasavano i signor


Perche Levi usa il congiuntivo imperfetto nelle queste frase? Non mi pare come ci siano alcun incertezza, speranza etc. che rende il uso appropriato. Ho consultato il mio libro di grammatica e cercato sul webb, senza diventare più saggio.
 
  • Direi che in questi casi ("l'unico... dove...", "la sola che..." ecc.), quando non vi sia né ipotesi né dubbio come tu stesso hai rilevato,
    il congiuntivo è una scelta più elegante che obbligata.
    Solo "variasse" mi suona un po' forzato ma comprendo l'esigenza di concordarlo con il "fossero" precedente che invece mi piace molto.

    Edit – vedi anche le discussioni:
    è l'unico che + congiuntivo
    L'unica idea che mi viene/venga in mente
     
    Last edited:
    il congiuntivo è una scelta più elegante che obbligata
    :thumbsup:
    Questo tipo di congiuntivo è ''latineggiante'' (congiuntivo consecutivo: in latino le secondarie/relative consecutive venivano costruite col congiuntivo). L'autore ha evidentemente familiarità coi classici.
    ''L'unico luogo dove non ci fossero case'' = l'unico luogo tale che lì non ci fossero case.
    ''E questa (bottega) era la sola che fosse sempre aperta'' = ..era l'unica tale da essere (che fosse) sempre aperta.
     
    Questi casi sarebbe meglio farli rientrare nella casistica, più ampia, del congiuntivo caratterizzante. A ben vedere, infatti, più che una conseguenza si vuol sottolineare una caratteristica, una qualità distintiva, una peculiarità.
    Riporto uno stralcio dall'ottimo libello, arida pumice expolitum, del Ghiselli ("L'attrazione modale"). Dopo aver chiarito che il congiuntivo caratterizza, mentre l'indicativo enuncia e diventa formulare in certi casi (mi serve uno che faccia da sé vs mi serve uno che fa da sé), e che spesso il valore caratterizzante si miscela con altre sfumature (finale, eventuale ecc...), riporta un esempio del Levi:

    "L'unico paese della provincia dove si  facesse qualcosa per la lotta antimalarica è chiosato dal Perruzzi: <<Si usa pure il congiuntivo quando l'attributo serve a mettere in evidenza una persona, una cosa o un gruppo di persone o cose fra più...>> Osserverei che qui, caratterizzante, è più il modo del verbo che l'attributo. Cfr. Cic. Dei. 12, 34: "Solus es, Caesar, cuius in victoria ceciderit nemo".
    "Ma dove dorme il furor d'inclite gesta e  sien ministri al vivere civile l'opulenza e il tremore"
    (Foscolo). Sien è rispetto a dorme gradazione d'intensità, una climax: congiuntivo caratterizzante. Cfr. Hor. Ep. 2, 2, 182: "sunt qui non habeant, est qui non curat habere".
     
    Grazie per la vostra aiuta.

    Queste cose non sono facili, e non direi che capisco totalmente, ma sono meno stupido. Rileggerò le risposte periodicamente e forse un giorno sembrerà più chiaro. Oggi so almeno che il uso di congiuntivo in questi posti è una cosa discutibile, non è obbligatorio. Per il mio livello di sapienza della lingua, ormai basta; non vale la pena di bloccarsi troppo (una cosa che ho avuto una tendenza di fare nel passato).
     
    Last edited:
    Non era un appunto alla tua volta. Ho solo tratto spunto dal tuo intervento. È più una categoria della grammatica latina. L'accostamento più immediato che di solito si fa è con le consecutive. Ma, come vedi, Perruzzi stesso o fior di latinisti lo inquadrano come caratterizzante, con buona messe di esempi sia latini che italiani a corredo.
    Non ricordo se ne avevo già parlato qui o altrove.
     
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